La donna della vendetta
Capitolo 3 - L'insegnante scomparsa
Marzo, 2004.
Il trambusto si era appena sopito nella Wellington Scool di Watford.
Il preside Hogan era finalmente riuscito a ritirarsi nel suo ufficio. Liberatosi dagli investigatori, aveva invitato miss. Gordon, la segretaria, ad approntare la documentazione necessaria, prima delle 15,30. Non visto, si concesse una corposa sorsata di Scotch (ne aveva una fiaschetta in un sotto-cassetto segreto) lontano dagli occhi curiosi degli inservienti; a prova persino di quelle iene inarrestabili delle alunne. Il preside non si sentì assolutamente in colpa, per quella bevutina fuori orario: teneva il liquore per i momenti di emergenza, “E Dio mi fulmini se questa non è un’emergenza!” pensò il flemmatico signore, rammaricandosi di essere incappato in quello scandalo, a poco più di un anno dalla pensione.
Hogan era alto e smilzo, la faccia liscia e curata gli nascondeva qualche anno, ma non era mai stato un bell’uomo e un’epa, solitaria e rotondetta, lo marchiava, a un occhio allenato, come un tipo cui, ogni tanto, piaceva alzare il gomito. Cercando di recuperare le forze e, con esse, una parvenza di lucidità, si avviò verso la sua poltrona per riposare. L’arrivo degli ispettori scolastici, da Londra, era previsto subito dopo l’ora di colazione, certo miss. Gordon sarebbe stata pronta per distribuire l’avviso nelle classi. Per fortuna era giovedì: prevedeva che, chiudendo la scuola il giorno successivo, gli investigatori e gli ispettori, avrebbero avuto ben due giorni per proseguire le indagini, e, nel caso, pure la domenica,. Quel pensiero lo fece rabbrividire: tale incresciosa eventualità, l’avrebbe costretto a disertare la partita al Golf Club, perdendo irrimediabilmente il vantaggio già acquisito nel Torneo d’Autunno.
Ora c’era silenzio intorno, nessuna classe era senza professore; da nessuna parte arrivava neppure un brusio. Forse tanto riserbo era dovuto anche alla presenza dei due poliziotti, fermi e attenti, in piedi nel cortile dove affacciavano tutte le aule. Le alte vetrate erano state realizzate relativamente da poco, la costruzione era stata un antico castello, basso, adatto a una guarnigione. Nessuna apertura, sull’esterno, per il primo piano, a causa delle mura spesse un metro. Il secondo piano invece, realizzato nel cinquanta, aveva piccole finestre per le camere, quando la scuola era un convitto.
Bussarono sul vetro rumoroso della porta e Hogan sussultò… “che giornata inaccettabile!”
«L’abbiamo trovata, signore!» disse Colber, il bidello tuttofare della Wellington. Sembrava infelice invece che soddisfatto. Hogan lo poteva comprendere; in passato non gli era sfuggito lo sguardo di ammirazione del bidello per i fianchi prosperosi della Bridge. Come avrebbe potuto biasimarlo? Anzi, lo aveva invidiato: dopotutto lui e la piacente maestra erano coetanei, mentre il preside aveva quasi il doppio della loro età.
«Qui?» disse il preside sbigottito «E dove?»
«Nel capanno degli attrezzi… in fondo al giardino!»
«Ma… ma com’è possibile? Aveva la chiave?»
«Non credo… signore, ci sono due chiavi del catenaccio; sono insieme, nello stesso anello e sono sempre appese in Segreteria… io chiudo a chiave solo nel week end… il catenaccio blocca il paletto, da fuori, ma da dentro è impossibile aprire… »
«Io non ci capisco niente… insomma, queste chiavi, dove sono?» invocò il vecchio in cerca di certezze.
«Sono al loro posto… appese nella bacheca. Ecco: dopo il caos di stamattina, stavo cercando di iniziare a fare qualcosa, ho saputo che domani saremo chiusi. Così sono andato in fondo al giardino per recuperare il secchio. Allora ho sentito chiamare aiuto, una voce flebile, ho pensato subito al capanno. Infatti, ho accostato l’orecchio… ancora la voce di donna che invocava aiuto. Ho gridato “Pamela? E’ lei, là dentro?” e lei ha detto di sì; ha chiesto di farla uscire, per carità!» Si vedeva che l’uomo era molto provato e impaziente. «Io non ho aperto, signore… non sapevo cosa fare, e sono corso da lei!»
«Hai fatto benissimo, andiamo… per fortuna ci sono ancora i poliziotti!»
Poco dopo, il piccolo corteo, raggiungeva il capanno, il più discretamente possibile.
Finalmente il bidello liberò il paletto e tirò l’uscio verso l’esterno. Accovacciata per terra, in uno stato pietoso, c’era una donna. Era scarmigliata, spossata, sanguinava dalle unghie, per il lungo graffiare sulle assi di legno della porta.
Quando l’insegnante Pamela Bridge, scomparsa da due notti, e ricercata dal mattino per atti osceni e violenza su minori, invece di vedersi confortare, si sentì trascinare fuori, sull’erba fredda, e ammanettare, cedette a una crisi nervosa e iniziò a strillare come un’ossessa.
Sporca, vestita alla meglio, senza calze e senza slip, poco dopo venne caricata su un ambulanza e sedata con una potente dose di tranquillanti.
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