Una notte a Marienbad
Capitolo 1 - La Luna

- Dovevamo svoltare a Bor! Ecco, lo dice anche qua ...sei cieco? – Angela batteva, esasperata, il dito su un punto della cartina tascabile, recuperata in albergo, a Praga.
La ragazza cominciava ad essere veramente in agitazione.
Fabio, invece, faceva lo scemo, soprattutto per sdrammatizzare ... a ogni istante che passava si convinceva sempre di più che si erano, indiscutibilmente, persi.
Il maledetto navigatore, all’improvviso, si era messo a dare i numeri e a dare le indicazioni in Ceco.
Il Ceco è una lingua complicatissima, soprattutto da leggere, per un Italiano poco pratico, così era risultato impossibile, nella bruma che si era alzata, capire cosa dicessero i cartelli piazzati lungo la strada.
Lui non voleva affondare il coltello nella piaga per evitare un vero litigio; l’idea lo rattristava, voleva che almeno il loro viaggio di nozze, restasse un ricordo magico e felice, nella vita insieme che li aspettava.
Se fossero partiti alle dieci, come progettato, da Praga a Marienbad, ci avrebbero messo un paio d’ore e, di certo, non si sarebbero neppure persi, perchè il tempo si era rabbuiato nel pomeriggio.
Ma lei, la sua signora, non poteva rinunciare a un altro giro per mercatini, a perder tempo per cercare cianfrusaglie.
Non avrebbe mai capito le donne ... potevano essere acculturate, laureate e, persino, disincantate ma al fascino, luccicante, di una collanina di vetro, a un paio di orecchini, non avrebbero mai saputo resistere; nonostante molti, di quegli oggetti che le avevano mandate in visibilio, non li avrebbero indossati mai.
- Bor ... Bor, tesoro, ma se non ci siamo mai arrivati a questo Bor! – disse Fabio.
- E certo – rincarò Angela – perchè tu avevi fretta di girare ... impaziente: come al solito! –
La realtà era che, adesso, le cose si erano messe male.
La strada larga si era sempre più assottigliata, diventando, pian piano, un sentiero tra i boschi.
La caparbietà di Fabio, come spesso capita a chi guida, era dettata dalla speranza, tipica di chi si perde, ed è in ritardo, che la strada migliori di li a poco.
L’apprensione ti porta a incedere, come se la tua convinzione nell’andar avanti, potesse domare l’orografia dei luoghi, soprattutto di quelli che non conosci.
Adesso si trovavano in un imbuto, circondati da cespugli e alte conifere: davanti a loro, sotto la luce dei fari, un grosso ramo ostacolava il sentiero, mentre intorno e dietro non si vedeva quasi niente. Una nebbia, grigia come fuliggine, aveva improvvisamente, preso il posto della bruma pomeridiana.
Fabio, preferì fermarsi, invece di rischiare di rompere la macchina.
Meglio aspettare un poco, magari cercare soccorso, che restare appiedati in un posto sconosciuto.
Improvvisamente il paesaggio era diventato alieno e loro, i figli dell’era tecnologica, provavano lo sgomento che per millenni aveva attanagliato l’umanità. Quando le distanze erano enormi e il tempo faceva paura.
Il telefonino non aveva campo ... tipico!
- Non ti preoccupare, amore. – disse Fabio, cercando di spingere con lo sportello verso l’esterno, impedito dai cespugli, si aprì un piccolo varco, che usò per scendere dall’auto e per guardarsi, inutilmente, intorno.
Niente ... non si vedeva a un palmo di naso.
L’aria era umida, ovattata, invasiva ... e il silenzio: spettrale.
Fabio risalì in macchina, portentosi dentro un brivido, ma non dovuto al freddo.
- Dobbiamo solo avere un po’ di pazienza. – la rincuorò – Sono luoghi turistici: molto controllati, non c’è niente da temere. Vedrai. –
Ma Angela era tutt’ altro che soddisfatta del suo resoconto.
Per fortuna la paura aveva avuto la meglio sul suo lato polemico e lei si astenne dall’assalirlo verbalmente. Almeno per ora.
- Cosa facciamo adesso? – Angela aveva un diavolo per capello e aveva anche paura, a quel punto.
- Aspettiamo un pochino ... questa nebbia maledetta dovrebbe diradarsi. – Fabio era preoccupato quanto lei, ma cercava di non trasmetterle ulteriore apprensione.
Il germe di un possibile litigio, isterico, era nell’aria, nel piccolo abitacolo della macchina a noleggio.
- Non mi ascolti mai ... cominciamo proprio bene! – sbuffò lei, nevrotica – C’era il treno, comodissimo ... ma tu no: dovevi fare l’avventura! –
- Tesoro, non ti arrabbiare ... avrebbe dovuto esserci un paesaggio meraviglioso! - Ma sei fuori? – disse Angela infuocandosi e fissandolo – Lo vedi ... eccolo là il tuo meraviglioso paesaggio. Qua rischiamo la vita, lo capisci? –
- Ma dai ... non essere catastrofica ... e che cazzo. – anche Fabio ora iniziava a perdere le staffe. Usci dalla macchina, sbattendo la portiera.
Se solo si fosse diradata quella maledetta nebbia ... sarebbe bastato vederci a pochi metri. Pian piano, a marcia indietro, raggiunto il primo spiazzo, poteva girare e tornare alla via principale.
Poi si spostò davanti al cofano. L’enorme ramo che era caduto in mezzo al sentiero era abbastanza pesante ma, ciò che rendeva impossibile spostarlo a mano, era il fatto che si era incastrato tra la fitta e stretta vegetazione che li circondava. Era come si fosse cucito tra i rami.
La sera calava rapida e il buio diventava sempre più minaccioso.
Ogni tanto un leggero crepitio, metteva Fabio a disagio ma certamente si trattava solo di qualche cristallo di ghiaccio, che precipitava sul manto di nevischio che pavimentava il bosco.
All’improvviso ebbe la sensazione di sentire un rumore diverso, come qualcosa di metallico, dopo qualche istante il rumore, estraneo, si ripresentò: forse a causa del cambiamento di direzione della direzione della brezza.
Fabio desiderò di tornare a cercare conforto nelle sigarette, per la tensione. Aveva smesso da poco e adesso ogni scusa era buona per sentirsi tentato.
Purtroppo non aveva sigarette e poi, se avesse fumato, non avrebbe che esasperato i rapporti, già tesi, con la sua novella mogliettina. Meglio evitare. Era già incazzata di suo.
Adesso il suono era più vicino. Fabio non si poteva sbagliare.
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