Una notte a Marienbad

Capitolo 2 - Il Matto

Chicca Costanzo
6 months ago

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Era il suono di un campanellino, tipo quelli che portano i gatti, quei sonaglini che accompagnano ogni movimento delle bestiole.
Il suono non era costante, però si avvicinava inequivocabilmente e Fabio ebbe un brivido che gli pervase tutta la schiena.
Meglio avvertire Angela, pensò, non si mai.
Si affaccio dallo sportello:
- Tesoro, si sta avvicinando qualcuno ... o qualcosa? –
- Qualcosa  ... cosa? Che vuoi dire. – disse lei sgomenta.
- Non lo so, potrebbe anche essere un animale ... un gatto ... e un sonaglio! – Mentre cercavano di capirsi senza litigare ancora una volta, proprio dietro di loro, nella nebbia, una specie di lucciola, giallognola e delicata, iniziò a ballonzolare, avvicinandosi dal lato posteriore della macchina.
Fabio, in quel momento e per la prima volta in vita sua, comprese appieno il significato dell’espressione: “cagarsi sotto” per la paura. Angela fu più risoluta, spaventata a morte, con voce stentorea gridò:
- Ehi! Chi c’è? C’è qualcuno? – il tutto in perfetto italiano ... il guaio è che erano nel cuore sperduto della repubblica Ceca. Ma si sa: “fortuna juvat ...”.
Nessuna risposta, però la lucetta continuava la sua danza incongruente nella nebbia e lo scampanellio, tanto improbabile da sembrare irreale, pure.
Angela era uscita, a sua volta dalla macchina ... adesso si era raggomitolata contro il giovane marito, terrorizzata.
Pochi istanti dopo una figura scura e strana, una sagoma, forse maschile, si fece largo tra la nebbia.
Adesso che era abbastanza vicino, sentirono che lo sconosciuto salmodiava una specie di lugubre, grottesca cantilena ... una specie di chiacchiericcio senza senso. Questa caratteristica, del tutto inadeguata alla circostanza, dava a quell’essere una pericolosa vena di idiotismo.
- Ehi? – strillò Fabio – Signore? Siamo qui ... ci siamo perduti. – cercava in tutti i modi di riportare a parametri più reali e moderni, il senso di fiabesco che la nebbia conferiva alla loro situazione. Lo strano “cartoccio” umano si avvicinò ancora e poi, arrivato a un paio di metri dall’auto, alzò la testa dalla schiena curvata dagli anni, e finse di vederli solo allora. Ma Fabio non si fidava: urlavano nella notte da alcuni minuti, persino un sordo si sarebbe accorto di loro.
Per tutta risposta alle sue perplessità, l’essere sbotto in una risatina, inutile e senza scopo ... Fabio era sgomento. “Persino un sordo” ... si era detto un attimo prima, ma adesso capiva che il problema poteva essere diverso, quello che si trovavano di fronte sembrava soprattutto uno svitato.
L’uomo si rialzò, come meglio poteva e li squadrò dalla testa ai piedi. Aveva gli occhi, neri nascosti sotto le sopracciglia folte. Sembrava vestito di stracci multicolori; una specie di Arlecchino, ma invece delle toppe colorate, portava pezzi di stoffa, pendenti e logorati dal tempo. L’uomo portava un alto bastone, un ramo ripulito dalle fronde; a metà, poco sotto la sua mano, callosa e scura, a era fermata una lanterna e, con cosa facesse luce era del tutto un mistero per la coppia, giovane e “tecnologica”. Dalla parte alta, invece, pendeva un involto di stoffa, probabilmente un fazzoletto bisunto, ripiegato, e annodato con i suoi stessi lembi a mo’ di involto. Anche nell’altra mano aveva un bastoncino ma molto più corto e, stranamente, fiorito. Forse erano solo gemme di una pianta prematura.
Riempiendo la scena di un rumore inatteso, un cane nero e senza razza, arrivò scodinzolando; trotterellava felice e, ignorando del tutto la presenza della coppia, si dedicò subito a mordicchiare la stoffa della coscia dell’abito già stracciato.
Insomma tutta la scena aveva dell’assurdo ... la presenza del cane, per un attimo, sembrò rassicurare Angela e Fabio. Una persona che ama gli animali difficilmente è una persona cattiva.
Ma il “folle” poteva non conoscere questa caratterisatica e poi, in tutta onestà, visto che scalciava e imprecava, contro le moine, esagerate, del cagnaccio, non sembrava che tra i due esseri ci fosse un amore troppo sviscerato.
Finalmente, il vecchio strambo, sembrò accorgersi di loro:
- Ah ... italien ... italiani! – disse ridacchiando – Nel bosco, di notte ... cosa cercate? –
- Ma niente – rispose Fabio, - ci siamo perduti, - ho chiamato già i soccorsi, saranno qui a momenti, spero. – Mentì ma l’altro non diede nessuna importanza alle sue parole.
- Bravi, bravi italiani e ... sposini!? Bello, bellissimo. Bravi! –
- Ma voi parlate l’italiano, bene? - disse Angela – Come mai? –
- Ah ... sì, bene! Bella la lingua italiana, mi piace, molto musicale ... Bravi.! –
- Stiamo aspettando che la nebbia si dirada ... – disse Fabio, cercando di spillare notizie al vecchio, senza far troppo capire che si erano completamente sperduti.
- Ah ... la nebbia, sì. Aspetta! - Il vecchio si frugò tra i cenci ed estrasse dal petto una tavoletta di legno.
Aiutandosi con la lanterna osservò attentamente tutta un serie di simboli, incomprensibile e vecchi, probabilmente una volta erano stati tracciati con la lacca colorata.
- Uhm ... la Luna ... dodicesimo giorno, Mercurio è qui ... no, monsignore, la nebbia non si dirada. Devi aspettare le undici ... le undici della sera. E’ proprio così! – sentenziò il vecchio, prendendo un atteggiamento falsamente serio. Infatti, un attimo dopo rise di nuovo senza alcun motivo apparente poi diede un calcio al cane e, senza più curarsi di loro, passò oltre, strusciando i suoi stracci sulla fiancata della macchina e procedendo con sicurezza.
- Ehi, no, aspettate ... è bloccata la ... –
Fabio ebbe un sobbalzo talmente vistoso che, anche Angela, che non aveva avuto il tempo di vedere niente, ne rimase sgomenta: il vecchio abbozzando due mezzi giri su se stesso, una volta verso destra e l’atra verso sinistra, aveva attraversato, indenne e in maniera del tutto silenziosa, il groviglio inestricabile, che si ergeva ancora davanti alla loro macchina.
- Ehi ... Ehi ... voi – gridò Fabio – ma come avete fatto? –
Angela capì che doveva intervenire e che quel matto era la loro unica speranza di uscire da quella incresciosa situazione.
- Signore, per favore ... ci siamo perduti ... –
Ma il matto sembrava non averla sentita. Aveva ripreso il suo concertino nella nebbia, col suo sonaglio da gatto e inseguito da un cane.
- Signore ... la prego, ci aiuti! – strillo Angela un attimo prima di vederlo sparire del tutto.
Allora il vegliardo sembrò titubare e si fermò, ma senza voltarsi. Anche il cane, ansando indeciso, guardava ora l’uomo ora la coppia, in attesa degli avvenimenti. Si girò lentamente e li squadrò con maggiore attenzione:
- Ah ... avete bisogno di aiuto? – disse, senza più ridere.
- Si, signore, ci siamo persi, ci aiuti per favore. – disse anche Fabio - Mancano quattro ore alle dieci ... non sappiamo niente, neppure dove ci troviamo! –
- Uhm ... – l’uomo, con una specie di atteggiamento da furbo, si tastò il mento, fingendo di meditare ... poi, a sorpresa:
- Ma ... voi siete sposati seriamente? – chiese.
- Oh si, da poco: siamo in viaggio di nozze. – strillò Angela, quasi allegra.
- Eh ... allora, voi ... voi due, ci credete ancora nell’amore? – il ragionamento del vecchio era allucinante e Fabio si preoccupava sempre di più ma ormai c’era dentro fino al collo. Per giunta, obbedendo alla complicata mentalità femminile, Angela, invece di temere quel matto, al solo sentir parlare d’amore si era sciolta, incantata dal tono romantico preso dalla conversazione.
Donne! Inopinatamente sentimentali ... anche a sproposito.
- Si che ci crediamo ... – disse Fabio, cercando di mantenere i piedi per terra – ma che c’entra? –
Il vecchio rise, più folle che mai: - Ah ...ah, questa poi. L’amore c’entra sempre, monsignore. – li invitò a seguirlo alzando il bastone – Venite, allora, signori e amanti. Seguite me! –
- Ma come facciamo? Lei da dove è passato? – disse Fabio, fermo davanti al groviglio di rami.
- Ma su, ma su ... venite ... è facile! Su datevi la mano. – intanto era tornato indietro e, lui stesso tese la mano a Fabio, che a sua volta, stringeva quella di Angela. Miracolosamente attraversarono rami e rovi, come fossero steli d’erba arrendevoli e si ritrovarono dall’altro lato della “selva oscura”.
Seguirono il “personaggio”, che ormai, incurante di loro, avanzava deciso nella nebbia e nel buio.
- Ma dove andiamo? – disse Angela a Fabio, che, però, era ancora più sbigottito di lei.