Una notte a Marienbad

Capitolo 3 - Il Carro

Chicca Costanzo
a month ago

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Seguirono quello stranissimo personaggio, sgomenti, quasi increduli: in meno di un ora la loro esistenza aveva cambiato registro ... dalla civiltà tecnologica costellata di certezze, di sequenze ben precise e regolamentate, adesso camminavano nella notte e nella nebbia verso l’ignoto. Nulla di ciò su cui si basavano nella loro, ben organizzata, quotidianità aveva più valore in questa dimensione, nuova, silente, senza tempo. Erano in balia del destino ... uno qualunque di quei tragici destini di cui sentivano parlare ogni giorno dai notiziari, poteva toccare quella sera proprio a loro. Stavolta era tutto diverso. La paura, l’incognito, l’incertezza la stavano vivendo ... non era una proiezione su uno schermo, la coppia di sposini, cominciò a provare il terrore della consapevolezza di essere impotenti di fronte agli avvenimenti.
L’uomo misterioso avanzava davanti a loro senza mai lasciare la mano di Fabio che, a sua volta attirava a se Angela. Stranamente il percorso era facile e senza intoppi, nonostante stessero attraversando rovi e spini aggrovigliati. Lui andava facendosi precedere dal bastone lungo, con tanto di sonaglio e lanterna: ad ogni passo si faceva largo col braccio e sembrava che gli sterpi, e pure la nebbia, gli obbedissero, formando un varco che un istante prima non c’era.
Il cane nero arrancava per tenere il passo, poi spariva nella notte per poi tornare sui suoi passi, probabilmente era un cane pazzo, come il suo padrone.
Le quattro luci lampeggianti, della macchina in panne, non si vedevano più già da qualche minuto, quando la piccola compagnia si ritrovò di fronte a un grande muro, fatto di pietre enormi.
Pochi passi dopo, attraversarono una breccia in quella muraglia e, nonostante la nebbia, era lampante che si trovavano all’interno di un mucchio di rovine consumate dal tempo. Eppure, seguendo il matto ancora per pochi passi, nella nebbia si stagliò la figura squadrata e luminosa di una grande finestra. Al suo fianco una porta socchiusa, di legno antico forse marcio e che odorava di muschio.
Il vecchio matto spalancò la porta e, un attimo dopo, tutti e tre si ritrovarono in un grande ambiente, non troppo luminoso ma riscaldato piacevolmente da un enorme camino. La bocca del camino lasciò stupefatti sia Fabio che sua moglie, non avevano visto mai nulla di simile: era alta quanto un uomo. Sul davanti, al di sopra della cornice di pietra, tutta scolpita a motivi floreali, c’era, in alto un grande cono con l’imboccatura a conchiglia, che si assottigliava verso sopra, perdendosi nel buio del soffitto, talmente in alto da risultare invisibile. La sua funzione era chiara: rappresentava un aiuto al tiraggio e probabilmente, un ingegnoso sistema per convogliare il calore in una stanza superiore, qualora essa ci fosse ... ma era impossibile rendersene conto in quella penombra.
Il vecchio li squadrava nella fioca luce calda che scaturiva dalle fiamme, ora altissime, che scaturiva da una catasta di legni esagerata. Loro, rincuorati dal calore si rilassarono un poco e studiarono cercando di non farsi notare, chi avevano realmente di fronte. Lui aveva la pelle cotta dal sole colore del cuoio, segnale di una vita passata all’aperto, gli occhi erano quasi nascosti sotto le sopracciglia scure e cispose ma sicuramente erano intensi e acuti. Visto adesso, fuori dal contesto disperato in cui lo avevano incontrato non sembrava più né tanto vecchio, né tanto curvo e ... non rideva più né biascicava balbettii insensati.
- Sedete ... – disse nel suo italiano corretto ma dall’accento slavo – bella l’Italia. me la ricordo bene: il vostro sud è un posto unico, meraviglioso. Si! –
C’erano due panche vecchie ma il legno era lucido e robusto. Parlò un po’ tra sé perso in ricordi che i suoi ascoltatori non conoscevano, poi rivolto a loro due chiese, preciso:
- Quindi, bella coppia italiana ... voi dite di amarvi, giusto! – rise di nuovo, - ma voi sapete cos’è un sentimento? Lo sapete veramente? – li scrutò, come se aspettasse una risposta più dai loro sguardi che dalle parole. - Conoscete la forza vera di un sentimento? Sapete voi che cosa lo anima? – si voltò a guardare il camino e le fiamme si divertirono a disegnare ghirigori rossi sul suo volto arcano.
Poi prese dalle sue spalle un vassoio… che prima non c’era, o almeno non lo avevano visto ... sembrava che le cose, gli oggetti si materializzassero tra le mani di quello strano tipo. obbedendo alle sue esigenze.
- Bella signora italiana ... hai il nome dell’angelo – sorrise a Fabio, ammiccando – spero per te che lo sia davvero, mon amì. –
Se non fossero stati impauriti avrebbero probabilmente apprezzato quella singolare compagnia: era innegabile, quella persona aveva un certo fascino inspiegabile.
- Ecco bella signora: fa tu gli onori di casa ... – le mise davanti il vassoio, con tutti gli ammennicoli per preparare un buon the. Angela, fece finta di niente e pose un pentolino già pieno d’acqua di fonte, su un piccolo trespolo situato presso brace. Intanto si era resa conto di avere tra le mani un servizio di tazze argento, finemente cesellate e sicuramente antiche. Roba da re ... insomma.
- Intanto vi racconto una storia, se volete ... per ingannare l’attesa. – diresse nuovamente lo sguardo tra le faville che salivano sfrigolando nel grande camino.
- Vedete ... io non sono stato sempre “matto” come mi vedete adesso ... – sorrise tra sé, sapendo di aver colto nel segno, con la sua stessa definizione ...