Una notte a Marienbad

Capitolo 6 - Il Diavolo

Chicca Costanzo
2 months ago


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Qualche giorno dopo, il fratello del re, installatosi ormai prepotentemente nella reggia, senza più nutrire alcuna remora non fece altro che soddisfare le ultime volontà di suo fratello, il re morto da poco. Si recò dal principe che attendeva la prossima incoronazione e gli esternò, ma solo parzialmente, i desideri che suo padre gli aveva confidato.
Instillò nel suo cuore vari dubbi riguardo alla sua certezza nella incrollabile fedeltà dei sudditi che, se governati con troppa permissività, gli si sarebbero rivoltati contro, considerandolo un re debole e malleabile. Manipolò alcune notizie e documenti che riguardavano manovre occulte dei sovrani vicini che, molto, presto, approfittando dell’interregno avrebbero potuto approfittarne per tentare un’invasione del paese. Infine, lo convinse che la visone paterna era quella di un figlio, grande e giusto, capace di garantire una lunga pace al mondo nelle vesti di un futuro, invincibile imperatore.
Il principe, puro di cuore, non aveva motivo di dubitare delle narrazioni di suo zio che era stato sempre onesto e leale.
Si convinse e accettò di seguirlo nelle operazioni che si dovevano compiere per procedere all’attuazione di quell’ambizioso, enorme progetto.
Un giorno il mago si fece seguire nel bosco fitto, mentre un giovane servitore li seguiva portando una pesante scatola di ferro. Arrivati in un punto appartato, il mago fece posare il piccolo forziere. Prese dal taschino una chiave e aprì una porticina intarsiata; si chinarono davanti allo sportello: esso custodiva un’ampolla contenente un liquido opalescente, colore della tempesta e sempre in moto.
- Ecco – disse il vecchio mago –questa è la ricetta della tua potenza, questo è il dono meraviglioso che tuo zio ti ha riservato, in nome di tuo padre, il re! -
Il principe estrasse l’ampolla e la studiò, fidandosi poco di quell’intruglio che sembrava attraversato da scariche elettriche, come piccoli fulmini che vivi e pulsanti.
- Non temere, figliolo, questo non è che il desiderio di tuo padre ... – continuò lo zio – Bevine con fiducia e sarai un grande! –
Sulla bottiglia era saldata una targhetta d’argento ma cosa ci fosse scritto era un 
Il principe era un valoroso e una volta presa una decisione difficilmente tornava sui propri passi. Lo zio intanto lo pressava e lo irretiva cercando di ottenere ciò che, nelle sue trame, si era prefissato.
- Una volta all’anno, tornerai in questo sito e rinnoverai il rito: il liquido dell’ampolla ti ridarà sempre più coraggio e vigore! – poi, con gesto teatrale, fece un gesto ampio con la mano, – Qui sorgerà il tempio dedicato alla tua grandezza. –
Il giovane era teso e, ubriacato dalle parole, non riusciva a trovare opposizione alle argomentazioni del vecchio, e si decise: bevve un sorso abbondante del magico elixir. Per fortuna era del tutto insapore.
Sedette su un masso un poì confuso... aspettò; si interrogò intimamente ma non trovò assolutamente niente di cambiato in lui. In definitiva si sentiva benissimo, come e più di sempre. Ripose l’ampolla nel tabernacolo di ferro, mentre lo zio, con gli occhi luccicanti per il gaudio, gli consegnava la chiave del suo stesso destino.
- Domani, nipote mio, inizierò i lavori per costruire un adeguato ricovero all’ampolla, la fonte del tuo potere.- disse.
Il giovane lo ascoltò distratto, ma la sua mente, intanto si spostava altrove ...
- Consacriamo questo luogo con un sacrificio adeguato: è la legge degli Arcani! – disse inaspettatamente suo zio e con gesto repentino si portò alle spalle del servo. Questi aveva assistito a tutta la scena ma non aveva capito quasi niente, eppure il mago a sangue freddo gli affondò nella gola un pugnale che teneva nascosto nella manica. Mentre il giovane stupefatto perdeva conoscenza, il sangue cadeva copioso sul terreno e sul forziere, il povero ragazzo spirò incredulo e senza un lamento. 
Lo stregone stesso fece in modo che il corpo, ormai inerte, cadesse a favore della cassa, affinché il sangue innocente irrorasse sia il tabernacolo. La frenesia di potere e di sesso che lo aveva ottenebrato iniziava a germogliare nella sua mente e nelle sue azioni, sfociando in opere sempre più perverse.
Scrutò attentamente il volto del principe: quel giovane che pochi momenti prima avrebbe reagito con veemenza inaudita a quell’opera nefanda, adesso guardava la scena annoiato come si trattasse di un operetta recitata male.
Sbuffò.
- Muoviti, zio, ho fretta ... e c’è tanto da fare. – disse con una voce nuova, pregna di una determinazione mai udita prima. Intanto la sua mente vagava già lontano e progettava imprese grandiose, imponenti, mai immaginate prima.
Il vecchio concertò col nipote una scusa per occultare la morte prematura dello scudiero. I suoi familiari, disperati, si rivolsero al principe, ben conoscendo la sua misericordia ma questi, infervorato nel progettare le sue prossime mosse, nemmeno si accorse del loro dolore.
In pochi giorni, invece, rivoluzionò il quadro politico del suo paese, circondandosi di ardimentosi ma anche dei peggiori lestofanti, visto che per portare a termine i suoi progetti di espansione avrebbero, di certo, dovuto far uso assai violento delle armi.
Sua madre, la regina, aveva poco senno tutta presa dal fervore erotico che il mago le aveva instillato e il principe era talmente ottenebrato che si dimenticò perfino di farsi incoronare re. Partì, con un piccolo esercito e, cogliendo di sorpresa i suoi confinanti e alleati ebbe ragione facilmente della loro tardiva e vana opposizione. Il suo esercito diventava sempre più forte e potente e il suo nome sempre più grande e temuto. Pervaso dalla brama di ottenere di più, sempre di più dalla vita ritornava di rado nel piccolo regno, era troppo impegnato a costruire il suo futuro impero.
Una volta all’anno si recava al luogo dove era custodita l’ampolla da cui egli traeva il suo invincibile potere. Lo zio aveva fatto costruire una torre, sorvegliata da guardie armate, affinché si custodisse decentemente un segreto tanto importante.
Passarono alcuni anni e poco mutava nell’atteggiamento del principe.
Lui era concentrato solo sull’ampliamento dell’impero, delle ricchezze e del potere. Occasionalmente si era reso conto che, intanto, sua madre la regina, manovrata dallo zio, si era sposata con questi perpetrandone automaticamente la nomina a re, che dopo il matrimonio gli spettò di diritto. Non fece nemmeno molto caso quando, l’anno dopo, trovò che la madre aveva partorito un figlio, un fratellastro per lui.
Il mago, scaltro, faceva accuratamente in modo che il principe suo nipote tornasse solo per fare il pieno di pozione e, in occasione delle visite del principe, faceva abbassare tutti i toni della loro vita gaudente nella regia, lui stesso, evitava di indossare la corona nei rari momenti che passavano in famiglia. Intanto, il principe, ormai uomo e maturo aveva costruito un impero vero e proprio ... conquistato un territorio sconfinato abitato da popolazioni che riconoscevano un solo grande condottiero, però vivevano sotto l’egida di piccoli governatori che poco o niente lasciavano trapelare del loro modo di governare i sudditi. Tutti i politicanti, furbi e avidi, si erano accorti che l’eroe aveva un solo, esasperato interesse: la conquista. Bastava loro di mostrarsi sottomessi e ammirati durante le occasionali visite del principe, bastava preparare un banchetto con i fiocchi e qualche cortigiana disponibile, per soddisfare i suoi giovanili appetiti, e il gioco era fatto. Il signore non vedeva altro e la sua mente si perdeva nei suoi progetti sconfinati: conquistò territori sconosciuti, sottomise popoli esotici, fece costruire nuove città, torri e castelli.
Quando passava in trionfo in mezzo alle fila delle persone acclamanti, durante i cortei godeva di tutta quella folla osannante. Il suo orgoglio si cibava del bello, del lusso e dell’appariscente. Tanto, di tutta l’esistenza egli faceva solo un assaggio veloce, per poi ripartire alla volta di nuove imprese.