Una notte a Marienbad

Capitolo 8 - Il Mago

Chicca Costanzo
2 months ago

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La mattina dopo, domenica di Pasqua, l’aurora, con un bel sole sconfisse la bruma della notte precedente.
Poco prima, quando ancora la luce era incerta e uggiosa, il messaggero di morte inviato dal re aveva già compiuto la sua missione. Un liquido venefico era stato versato nella bottiglietta e, non avendo chiavi, l’uomo aveva solamente riposto l’ampolla e accostato lo sportellino metallico.
Il freddo della notte incombeva ancora sulla torre e il sicario era ben coperto e intabarrato, anche per non essere riconosciuto da chicchessia. Allontanandosi in fretta non fece troppo caso al lembo del mantello: inceppatosi su un angolo della porticina, al suo allontanarsi aveva riaperto la piccola teca.
Intanto al castello iniziava il giorno di festa.
Il principe era tornato, e vittorioso come sempre, il suo reame aveva un aspetto prospero e felice, nonostante il mago, pessimo re, passasse i suoi giorni a tramare oscure tele. Faceva tutto con una lena e un impeto ritrovati, da quando gli era nato un figlio suo, maschio destinato a un regale futuro. Viveva per quel bambino che tra poco avrebbe compiuto dieci anni. Quando lo guardava godeva della sua bellezza e ripensava a quanto era stata sciocca e vuota la sua esistenza quand’era solo mago ed eremita.
In anni e anni di studio non aveva raggiunto nessun piacere personale, la sua sapienza gli era solo servita per confezionare filtri e veleni ... per il resto, ogni gaudio e piacere gli era venuto solo adesso, dalla ricchezza e dal potere. Suo figlio non avrebbe vissuto come lui; il prediletto non sarebbe stato “secondo” a nessuno: il suo bambino sarebbe stato re!
Aveva in mano il destino e, oggi, lo avrebbe cambiato con le sue mani. Tutto era pronto.
Affacciato alla balaustra della sua camera il re si godeva il mattino radioso. Il suo umore cambiò ancora in meglio quando da un vicolo vide spuntare nella piazza il suo incaricato. L’uomo, sentendosi osservato, alzò lo sguardo e, con una irritante confidenza gli lanciò un segno d’intesa.
“Tutto fatto!” pensò il re e ricambiò con un largo sorriso la sua spia.
L’uomo non sapeva che il suo destino era segnato. Di li a poco, sarebbe stato prima passato a fil di spada e accusato del “vile” assassinio del giovane, futuro, imperatore… un re non può avere complici se non sottoterra.
Il mago aveva già confidato i suoi “sospetti” al fido capo delle sua guardie che presto sarebbero state allertate per portare a compimento il piano.
Per il momento preferì allontanare la mente da argomenti tanto cruenti; giù nella piazza, Massimiliano, il suo adorato figlio giocava felice con i suoi compagni e i paggi di corte. I ragazzi si godevano il sole, spensierati e felici, e il suo rampollo era raggiante e già accaldato.
“Beata gioventù ...” pensò il vecchio rientrando nelle sue stanze. Doveva affrettarsi e portare a compimento i suoi piani.

Il principe aveva riposato bene e si sentiva rinvigorito dall’aria di casa e dal piacere di avere ritrovato i suoi. A causa della sua instancabile voglia di fare, sorprendendo tutti era uscito all’alba per raggiungere i suoi luogotenenti e per discutere i piani della prossima campagna.
I militi fecero buon viso a cattivo gioco, mentre il loro comandante andava a dar loro la sveglia, casa per casa, come al solito il suo entusiasmo era contagioso. Questa sua bravata mattutina, prese alla sprovvista anche la sua povera mamma, che trepidava per la sua incolumità e voleva incontrarlo al più presto. La donna istruì le sue ancelle di rintracciare privatamente il figlio: questi doveva raggiungerla immediatamente alla regia, perché si trattava di questione di vita o di morte. L’ingenua non sapeva, però, che la sua servitù era quasi tutta al soldo del suo sposo malfidato, così nessuna delle cose che lei aveva chiesto fu ottenuta e il destino continuò, senza ostacoli, il suo corso già programmato.
Anche il mago fu preso alla sprovvista, gli urgeva portare il giovane alla Torre, affinché bevesse il suo “liquore” e si decidesse a sparire definitivamente dalla scena.
Quindi anch’egli era alla ricerca del figliastro guerriero fissando l’appuntamento al più presto presso il tabernacolo che ben conosceva.
Non erano ancora le nove, quando il principe, rintracciato dagli sgherri, si decise a recarsi alla torre, per incontrarvi lo zio stregone.
La regina, intanto, era troppo sul chi vive per non venire a sapere dell’appuntamento fatale e pertanto, anch’ella si stava recando alla Torre di gran carriera, accompagnata da una vecchia nutrice, l’unica che le era restata fedele.
Il principe, intanto, visto che aveva già tirato giù dal letto i suoi ardimentosi luogotenenti penso bene di metterli al corrente del segreto del suo potere, si erano meritata tutta la sua fiducia. Così, prima che finalmente potessero godere del meritato riposo, li invitò ad accompagnarlo all’appuntamento perché assistessero al rito della magica ampolla, l’annuale incontro propiziatorio che si svolgeva nel bosco alla presenza dello zio, ora re.

Il manipolo arrivò per primo alla Torre e visto che non c’era nessuno, gli uomini si sistemarono su alcune pietre, chiacchierando e godendosi i raggi, dei primi raggi di sole.
La mattinata era radiosa e allietata da una gradita presenza; a pochi metri, andando e venendo dal portone aperto della torretta, i ragazzini di corte giocavano felici, riempiendo di strilli l’aria frizzante. Anche il principe, guardandosi intorno, intravide tre gli altri la figuretta del fratellastro e per un attimo lo squadrò, pieno d’affetto. In cuor suo decise, visto che ormai era un bimbetto grandicello e ben formato, in quei giorni di ozio forzato gli avrebbe dedicato finalmente un po’ del suo tempo. Ne avrebbero fatto un vero soldatino.
Intanto altri conversero sulla collinetta, prospiciente la reggia, il principe e i suoi si accorsero del tramestio ma non vi dedicarono particolare attenzione.
Il primo ad arrivare fu il mago seguito da alcuni dei suoi sgherri, erano armati di tutto punto il che stonava, con gli scopi apparentemente benevoli del consesso.
I gruppetti si studiarono con un certo malcelato disagio… il mago avanzò deciso verso il nipote:
- Figlio mio, tu mi farai impazzire ... ti rincorro da stamattina! – disse il vecchio, trafelato. Il principe ne rise, proprio non riusciva a vedere in quell’uomo, ormai anziano e quasi patetico, il nemico pericoloso che in segreto celava.
- Hai ragione ... non volevo che i miei capitani si trastullassero troppo tra le lenzuola dei talami ... – qualcuno ridacchiò – comunque eccomi, sono pronto. Ho ricevuto la tua ambasciata, come vedi. –
- Bravo, bravo ... – disse il mago fingendo un’aria distesa ma in realtà era molto contrariato. Ora c’era troppa gente per i suoi gusti e per i suoi piani ... troppi testimoni. Inoltre, erano tutti militari valorosi, uomini decisi, capaci di agire rapidamente e di fiutare il pericolo anche da un solo battito di ciglia. Nonostante le chiacchiere, la tensione si era fatta alta, nello spiazzale. Per un momento il tempo si fermò e un silenzio innaturale pervase la collina, un silenzio troppo tangibile per passare inosservato.
Il principe, abbastanza insensibile a ogni etichetta e procedura era invece un perfetto animale da preda e un attento osservatore nei momenti d’azione. In quello spiazzo, sotto il sole del mattino, c’era una tensione che non avrebbe dovuto esserci ...
Saltando dalla pietra, come un tigre che balza, senza alcun preavviso, sulla preda, il principe schizzò a tutta velocità verso l’ingresso della torre.
Tutti restarono del tutto inebetiti e il tempo si fermo: la sorpresa li lasciò attoniti e nessuno riusciva a trovare un solo motivo logico, plausibile, per quella scartata da leone furioso.
- Noooo! –il grido partì dall’interno della torre come un tuono che non viene dalla terra e non dal cielo.
Tutti accorsero. Davanti ai loro occhi lo “strumento” che aveva suonato quel fragoroso, inspiegabile, silenzio. Sotto lo sguardo ottuso e incredulo del gruppo dei bambini, il piccolo Massimiliano giaceva, con gli occhi aperti, fissi su quel sole che non avrebbero visto mai più; il viso bianco come la più delicata delle porcellane, il corpo adagiato come se dormisse,
E dopo? Ebbene, dopo gli eventi si susseguirono con una rapidità tale che sembrarono appiattirsi, uno sull’altro come un mazzo di carte dei Tarocchi.
Ignara di tutto, la regina entrò di corsa nella torre e con la voce spezzata dall’affanno gridò al figlio maggiore, senza rendersi conto di altro:
- Fermati ... non bere, quell’ampolla è piena di veleno! – 
Il mago, intanto stava per perdere ogni forza, travolto di cui egli stesso era il responsabile, solo la rabbia lo tenne in piedi, una rabbia cieca e sorda: tutti i suoi progetti, tutti gli anni in cui aveva montato il suo folle sogno ora crollavano come castelli di sabbia sotto una improvvisa marea.
Probabilmente fu solo una vendetta sconnessa contro la sorte, contro il destino che lui si era ingannato di poter cambiare, di fatto sfilò il pugnale dalla cintola della guardia più vicina e con rabbia lo conficcò nel petto della regina:
- E tutta colpa tua ... e tutta colpa tua ... – blaterava, mentre travolto dal suo stesso impeto di rabbia, rovinava per terra, ruzzolando sulla povera donna.
Il sangue della regina scorreva ormai rapido fuori dal suo corpo e con esso la vita stessa. Tutto accadde così velocemente che forse nemmeno si era resa conto che il suo secondogenito, amato e innocente, giaceva morto a pochi metri da lei, accomunato alla sua mamma per la vita e, adesso, per la morte. 
Prima di precipitarsi al fianco della madre, il principe compì solo pochi, impercettibili, gesti: uno sguardo, un guizzo ... e l’accozzaglia degli sgherri del mago non ebbe nemmeno il tempo di decidere se combattere, fuggire o inginocchiarsi e pregare. Nel giro di pochi minuti giacevano a terra, ognuno al posto che il destino gli aveva assegnato, passati a fil di spada o di pugnale dai luogotenenti del futuro imperatore.
Il vecchio mago, risparmiato per il momento, era a terra a sua volta, vivo pur se acciaccato; era tento a bada dalle armi già puntate dei militari.