La favola oscura
Non chiedere alla rosa perché è sbocciata nel tuo giardino.
Proverbio Siamese
Erano da poco passate le sedici e quel pomeriggio non avevo nessuna fretta. Così mi attardai a osservare la primavera che, quell'anno, era arrivata un po’ sbilenca, come quelle vecchie biciclette che non danno soddisfazione ma che, alla fine, ti ritrovi sempre a dover accettare per forza; una primavera scorbutica.
I fiori c’erano, però; tutt'intorno era pieno. Erano grandi, colorati e profumati... e così, mi ritrovai a sorridere nonostante, lontano, delle nuvole più scure, iniziassero a brontolare giusto per fare dispetto.
Mi ero appena incamminato per un vialetto, quando sentii una voce pacata e carezzevole, una voce femminile e si acingeva a narrare una fiaba.
Come si fa a resistere a una fiaba? Specialmente quando hai superato la settantina e sai che a nessuno verrebbe mai in mente di raccontartene una.
Eh, si! La gente ignora che tutti avremmo bisogno di una bella favola ogni tanto, non letta ma raccontata con parole semplici, dalla voce sempre dolce di una mamma.
E fu così che mi attardai, fingendo di leggere il giornale che, per alibi, portavo sempre nella tasca della giacca.
“C’era una volta una grande cicogna che volava decisa nei cieli dell’Alba. Purtroppo quella mattina un cacciatore miope si era svegliato presto e, malevolmente, sparò un colpo contro lo stupendo uccello, per pura invidia naturalmente. La cicogna fu colpita alla testa di striscio ma abbastanza forte da perdere quasi del tutto i sensi. Così con una serie di volute scomposte, la povera bestia fece del suo meglio per cercare di atterrare, senza causare danni al suo prezioso fardello.
Sì, perché quella non era una cicogna qualsiasi, bensì una di quelle regali, che portano alle mamme solo principi e principesse, mentre, come tutti sanno, i bambini normali nascono nei cavoli oppure sotto le scarole ricce.
E così, quel mattino, una giovane mamma in un anonimo ospedale di una grande città, si vide consegnare un pacchettino rosa: era una piccola Principessa; la donna se ne accorse subito ma non disse nulla, per paura che gliela portassero via.
Intanto in alto c’era grande confusione: un Angelo nero, di quelli che regolano il traffico celeste, con tanto di cappello e fischietto, inviò una singola, tremenda nuvola, scura e piena di grandine, a punire lo stolto cacciatore. Subito dopo, fischiò alla cicogna con tutte il suo fiato perché era in evidente divieto di sosta!
Quando l'Angelo nero contestò alla cicogna il noioso verbale questa, ancora intontita e tremante per l'avvenimento, marcò visita e se ne andò, rifiutandosi categoricamente di conciliare.
Essendo l’unico funzionario presente sul luogo del misfatto, il povero Angelo nero, che si chiamava Implacabile, dovette, per restare ligio al regolamento, andare a fondo della questione e cercare di porvi rimedio.
Non avvezzo ad avere a che fare con le mamme e con i bambini, Implacabile, partì in quarta per risolvere l’equivoco in un batter d’occhio ma si trovò di fronte un nemico inatteso e deciso perlomeno quanto lui: Amoredimamma.
Amore, nonostante avesse una figurina esile, quasi diafana, come quella di una fata, era una tipa “tosta” e, all’occorrenza, sapeva tirar fuori gli artigli e pure controbattere, con bella retorica o aspra polemica, conoscendo il regolamento a menadito o adattando, artatamente, gli articoli di Legge alle sue esigenze.
Fu una lotta senza esclusione di colpi. Più Implacabile tesseva trappole per impadronirsi della Principessa, più Amore le sventava e le rendeva inutili... in più Amore di mamma, aveva dalla sua un’importante qualità: non conosceva la stanchezza.
Intanto il tempo passava e Principessa si adattava di buon grado alla vita poco regale ma molto affettuosa che viveva con questa sua, sorprendente, famiglia. Decise così di adottare entrambi quei simpatici genitori, sia la mamma con le sue fisime e i suoi scatti di allegria, sia il papà, più serio ma bellissimo e pieno di fascino. Principessa se ne innamorò subito e s'impose talmente all’animo del povero signore da costringerlo a dedicarle tutto il suo tempo libero.
Lei passava ore e ore a farsi coccolare, accarezzare e sbaciucchiare, a dispetto della mamma, che osservava quelle scene stomachevoli con un pizzico d’invidia e qualche perplessità, riguardo la salute mentale di quell’uomo, che lei aveva scelto come marito. Il ragazzo alto e “macho” se la faceva adesso con la figlia: gattonando sul pavimento come un moccioso e riempiendo la casa di “Bhe, bhe, bhe!” e di “Chi, chi, chi!”. Un vero mentecatto, insomma.
Poi iniziarono le passeggiate, i primi passi, le parole che capivano solo tra di loro... Amore si gonfiava, orgogliosa di quella combriccola ma rimaneva sempre in guardia, lottando a spada tratta contro Implacabile, che cercava in ogni modo di convincerlo a ragionare... ma non c’era niente da fare! Principessa cresceva felice. Era talmente bella e radiosa, gaia e piacevole che tutti s’innamoravano di lei.
Dopo qualche anno la famiglia si allargò e arrivarono, contemporaneamente, due fratellini. Nonostante i due “invasori” si presentassero già organizzati come un piccolo esercito, Principessa, regale e scaltra, li vinse e li conquistò in pochi mesi. A due anni erano diventati due paggetti volenterosi, che dipendevano completamente dai suoi voleri.
La felicità continuava a regnare in quella compagnia di gente semplice e cordiale: tutti complici e d'accordo per tenere ben nascosta, tra di loro, una importante Principessa.
Un giorno Implacabile si ruppe le scatole di tutta quella gaiezza, era un tipo serioso non amava tutte quelle sdolcinate carinerie.
- Ascolta - disse ad Amore - ho troppo da fare e non me la sento di continuare queste sterili discussioni. Lo sai che stai sbagliando; sai che il destino di Principessa non è qui ma sei caparbia. E va bene! Ma ricorda: non appena la ragazza uscirà dal cerchio dell'amore io la ghermirò, la porterò via e a niente serviranno i tuoi sofismi. - Poi se ne andò, liberando il campo e lasciando Amoredimamma gongolante di gioia.
E così il tempo riprese a scorrere senza patemi e senza timori. Principessa perse ogni regale velleità e accettò di vivere una vita semplice come tutte le sue amiche. Non era facile, perché il suo fascino innegabile e la sua luce non si potevano nascondere facilmente.
Eccola a scuola; eccola grande; eccola, mentre di nascosto dal babbo, si fa rubare il primo bacio. Poi l’università: ed è pronta, appena sbocciata, per iniziare una vita da donna.
Un brutto giorno di un’estate maligna, Principessa partì per un luogo lontano e a niente servì la disperazione di Amore. Laggiù, una calda sera , Implacabile, che non aveva dimenticato la sua odiosa consegna, la colpì, trasformandosi in una scimmietta dispettosa.
Un graffio innocente... e le inoculò quel veleno inaspettato che, poco prima del Natale, la stordì e poi, silenzioso come un sicario, la finì.
E così, Principessa tornò in quel castello meraviglioso che il destino teneva in serbo per lei, quel destino che, un giorno, un cacciatore maldestro aveva tentato di cambiare.
E non poté portare con sé tutto l’Amore infinito dei suoi cari ma solamente le loro infinite lacrime.”
Tossii con discrezione ma non potei fare a meno di gettare un occhio verso quella signora. Ecco, era una mamma, certo: sulla sessantina, minuta, vestita con semplicità nel pomeriggio estivo. Il volto dolce non aveva un’espressione rassegnata, come quella che mi sarei aspettato.
Mormorò ancora qualche parola poi, con un gesto delle dita, posò un bacio sulla lastra bianca, circondata di fiori e s’incamminò tranquilla, lungo il vialetto del cimitero.
Passandomi accanto si fermo e alzò per un attimo la testa; mi sorrise:
- Sa, signore, lo so che Principessa, adesso, è un personaggio notevole e ha tante cose importanti cui pensare... sembra ridicolo raccontarle ancora le fiabe ma, insomma: è pur sempre la mia bambina! – e s’incamminò verso l’uscita senza vedermi più.
Forse mi sbaglio, eppure, mi è sembrato di averla sentita parlare con la stessa voce del personaggio di quella favola buia: Amoredimamma.
A Francesca, recisa nel 2004
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